Ma oggi destra significa cambiamento

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C’ è un significativo “non detto” dietro la polemica esplosa in Francia sul nuovo inno dei giovani dell’Ump, il partito di centrodestra al governo a Parigi. Al di là infatti della questione sui diritti che dovevano essere pagati alla cantante Marie-Mai e anche della necessaria autorizzazione, quello che è politicamente rilevante è il testo della canzone fatta propria dall’omologo francese della nostra Giovane Italia: «Tous ceux qui veulent changer le monde». Da qualche settimana la melodia è diventata il nuovo inno dei giovani dell’Ump, con tanto di video musicale, al quale hanno partecipato ministri, eudodeputati e lo stesso portavoce del partito, Fréderic Lefebvre. E lo stesso video si intitola “Cambiare il mondo”, altro che conservatorismo! E che questo sia lo stato d’animo di tutte le nuove destre maggioritarie in Europa lo dimostra anche lo slogan con cui l’altro giorno Davide Cameron, il leader del centrodestra britannico, ha avviato la campagna elettorale per le prossime elezioni politiche: «Year for Change» (“L’anno del cambiamento”).
Solo qui in Italia c’è ancora qualcuno, come Marcello Veneziani, che vorrebbe marginalizzare la destra a un ruolo di presidio identitario e che critica come un «viaggio per il paese che non c’è» la strategia europea per il cambiamento. Fortunatamente, è una “resistenza” destinata a soccombere. I fatti stessi impongono il cambiamento. Lo ha spiegato bene Enrico Vanzina l’altro giorno sul
Messaggero: «Nel 1970 – scrive – ero all’università, insieme a me studiavano, in altre facoltà, Paolo Mieli, Giuliano Ferrara, Paolo Liguori, tutti della sinistra extraparlamentare. Oggi sono miei amici e posso confessare che avrei detto “bum” immaginandoli, allora, alla testa della futura informazione borghese. Invece, oggi, stanno tutti lì, con imprevisto ma assoluto merito». E infine: «Avrei certamente detto “bum” anche a chi mi avrebbe detto che il futuro segretario dell’ex Msi sarebbe diventato gollista». Eppure è accaduto. La lezione? Nessuno può fermare il cambiamento.
C’ è un significativo “non detto” dietro la polemica esplosa in Francia sul nuovo inno dei giovani dell’Ump, il partito di centrodestra al governo a Parigi. Al di là infatti della questione sui diritti che dovevano essere pagati alla cantante Marie-Mai e anche della necessaria autorizzazione, quello che è politicamente rilevante è il testo della canzone fatta propria dall’omologo francese della nostra Giovane Italia: «Tous ceux qui veulent changer le monde». Da qualche settimana la melodia è diventata il nuovo inno dei giovani dell’Ump, con tanto di video musicale, al quale hanno partecipato ministri, eudodeputati e lo stesso portavoce del partito, Fréderic Lefebvre. E lo stesso video si intitola “Cambiare il mondo”, altro che conservatorismo! E che questo sia lo stato d’animo di tutte le nuove destre maggioritarie in Europa lo dimostra anche lo slogan con cui l’altro giorno Davide Cameron, il leader del centrodestra britannico, ha avviato la campagna elettorale per le prossime elezioni politiche: «Year for Change» (“L’anno del cambiamento”).
Solo qui in Italia c’è ancora qualcuno, come Marcello Veneziani, che vorrebbe marginalizzare la destra a un ruolo di presidio identitario e che critica come un «viaggio per il paese che non c’è» la strategia europea per il cambiamento. Fortunatamente, è una “resistenza” destinata a soccombere. I fatti stessi impongono il cambiamento. Lo ha spiegato bene Enrico Vanzina l’altro giorno sul
Messaggero: «Nel 1970 – scrive – ero all’università, insieme a me studiavano, in altre facoltà, Paolo Mieli, Giuliano Ferrara, Paolo Liguori, tutti della sinistra extraparlamentare. Oggi sono miei amici e posso confessare che avrei detto “bum” immaginandoli, allora, alla testa della futura informazione borghese. Invece, oggi, stanno tutti lì, con imprevisto ma assoluto merito». E infine: «Avrei certamente detto “bum” anche a chi mi avrebbe detto che il futuro segretario dell’ex Msi sarebbe diventato gollista». Eppure è accaduto. La lezione? Nessuno può fermare il cambiamento.

Luciano Lanna – Secolo d´Italia – 5 gennaio 2010

Guardare al futuro

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Gianfranco Fini non é un ragazzetto di primo pelo. Uomo politico di lungo curriculum, capisce il peso dei commenti e dei giudizi della stampa e degli avversari, avendoli soppesati – a volte come macigni – in piú di un´occasione.

L´altro giorno il leader della destra italiana non si é dunque lanciato come uno sprovveduto quando, dal palco della festa dei giovani di An Atreju, ha dichiarato: «La destra politica italiana e a maggior ragione i giovani devono senza ambiguità dire alto e forte che si riconoscono in alcuni valori presenti nella nostra Costituzione, come libertà, uguaglianza e solidarietà o giustizia sociale. Sono tre valori che hanno guidato il cammino politico della destra e ribadire che la destra vi si riconsce è un atto doveroso».

Semplice tornaconto politico nelle parole di Fini? Molto probabilmente sí, nel tentativo di smarcarsi ancora una volta dai cosiddetti Tafazzi di destra. Ma sarebbe troppo facile liquidare il tutto come l´ennesima “sbiancata di candeggina” per l´attuale presidente della Camera.

Tutti noi dobbiamo offrire in maniera del tutto chiara e sincera un´apertura di credito nei confronti dell´operato di Gianfranco Fini. Perché la destra di oggi deve guardare agli effettivi problemi dell´Italia, e non piangere sul passato, deve confrontarsi con le sfide del futuro, e non spolverare di tanto in tanto labari e croci celtiche.

Fini ha lanciato l´ultimo monito dalla platea di Atreju, e non a caso. Dalla festa dei giovani di Alleanza Nazionale il leader politico si é proprio rivolto ai giovani, alle generazioni che hanno avutola fortuna di non vivere gli anni bui della guerra o del Sessantotto. A quelle forze, studenti, precari, lavoratori, che di scheletri nell´armadio non ne custodiscono.

Tutto facile, offrendo una “mano di candeggina” proprio ai giovani? Niente affatto, stando ai mugugni raccolti proprio tra la base di Azione Giovani, oppure seguendo in queste ore le voci – a volte incoraggianti, a volte del tutto critiche – messe in rete da TocqueVille. Ma di questo Fini non se ne deve preoccupare piú di tanto. Di sfide ne ha intraprese di ben peggiori, e spesso gli hanno fruttato ottimi risultati.