Benvenuti al Park Europa di Strasburgo

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Ai tempi della cosiddetta prima Repubblica le segreterie dei partiti, quale buonauscita o facile via di fuga, offrivano ad amministratori e politici in scadenza di mandato seggiole e cariche presso aziende municipalizzate, consorzi, enti pubblici e carrozzoni parastatali.

Ora, se il personaggio da ricompensare ha onorato al meglio il proprio incarico, ma al contempo è divenuto scomodo o “pesante”, non c´è di meglio che metterlo in lista alle Europee, e spedirlo a Strasburgo.

E questo è quello che sta accadendo a Treviso, dove la Lega Nord ha avanzato la proposta – attraverso il senatore Piergiorgio Stiffoni – di offrire un posto al parlamento europeo a Giancarlo Gentilini, le cui note uscite su zingari ed extracomunitari – ma anche su alcuni provvedimenti del governo in materia di fisco e sicurezza – rimbombano troppo al di fuori dei confini locali, mettendo in difficoltá la Lega nell´aggiustarsi il nuovo doppio petto agli occhi degli italiani.

parlamento-europeo

Ora, non entro nel merito del dibattito politico trevigiano: soprattutto non voglio difendere o accusare Gentilini, basta avere una sufficiente cognizione della lingua italiana per giudicare il suo pensiero. Il problema è capire quale alta e nobile considerazione hanno i politici italiani del ruolo del parlamento europeo. Il tutto sembra ricondurre Strasburgo ad un parcheggio, dove far accomodare personaggi non piú in grado di soddisfare i desideri dei partiti. Lasciarli lí, tanto son ben pagati, e di loro la stampa non se ne occupa con assiduitá. La Lega Nord non sembra essere nuova a questa logica, basti pensare che Mario Borghezio e Francesco Speroni son da tempo lí “parcheggiati”, ma pure altri partiti non sembrano essere di meno.

Da qui alla prossima scadenza elettorale ne leggeremo e sentiremo delle belle: il ruolo e l´importanza dell´Unione Europea, i vantaggi per i cittadini, e via discorrendo. Tanti, troppi, ci prenderanno in giro come al solito. Cerchiamo di capire tutti quali sono quelli che andranno in Europa per lavorare, e non per essere parcheggiati in box di lusso.

Ultima copertina per il Vanity tedesco

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La notizia l´abbiamo data l´altro giorno su Block Notes ma, visto che questo blog se ne era giá interessato in passato – e controllando le chiavi di ricerca che appaiono in queste ore per giungere da queste parti – la rigiriamo anche qua. L´edizione tedesca di Vanity Fair chiude le proprie pubblicazioni.

Il numero 1

Il numero 1

I portavoce di Condé Nast parlano della crisi economica che starebbe attraversando l´editore nella sua casa madre, ovvero gli Stati Uniti. Di fatto c´è che in Germania Vanity Fair (novanta dipendenti tra redattori, grafici, fotografi e impiegati) fin dall´inizio non ha offerto l´allure e non ha colpito l´attenzione dei lettori come successo in altri mercati, Italia ad esempio. Si chiude cosí un´esperienza editoriale iniziata il 7 febbraio 2007, e che non ha mai riscontrato segnali incoraggianti, né in edicola, né tantomeno tra gli investitori pubblicitari.

Un frappuccino di traverso per il ministro inglese

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Lord Peter Mandelson, ministro inglese per lo sviluppo economico, in queste ore non deve aver particolarmente gradito il caffé, specialmente quello servito da Starbucks. Non è una semplice questione sul rito inglese del té, oppure sul fatto che un´eccessiva dose di caffeina puó suscitare nervosismo e aumentare la pressione arteriosa.

Al ministro del Gabinetto Brown non sono piaciute le parole utilizzate da Howard Schultz, mente e titolare della famosa catena di coffee shop, nel definire la situazione economica della Gran Bretagna, Paese “avvolto in una spirale di declino”.

L´edizione internazionale del Guardian oggi dedica ben due pagine alla querelle. Analisi impietosamente corretta quella di Schultz, ma assolutamente monca, priva di alcun paragone congli altri mercati dove Starbucks è presente. Il Regno Unito attualmente ha un tasso di disoccupazione pari al 6,3 % (e Strabucks dispone di 713 caffetterie), ma la vicina Francia (48 locali Starbucks) registra un livello di disoccupazione pari al 7,9 %. Altro esempio citato dal Guardian è quello tedesco, dove nel recente passato il colosso americano del caffé ha investito moltissime risorse, aprendo 140 store: qui il livello di disoccupazione supera di poco il 7 per cento, ma il livello di crisi è particolarmente sentito da analisti e investitori.

E, non ultimo, non dimenticandoci della terra nativa di Starbucks, gli Stati Uniti dove, a causa della crisi economica, la societá con sede a Seattle ha giá provveduto a chiudere novecento dei 16.800 punti vendita.

Quindi l´Inghilterra si è particolarmente sentita nel mirino dalle dichiarazioni del capo di Starbucks, anche se in questo caso non possiamo unirci al coro mal comune mezzo gaudio. Lord Mandelson se ne fará una ragione, dedicandosi al piú rilassante rito del té.

Marchetta

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Spero di continuare ad aggiornare con una certa regolaritá questo blog anche nelle prossime settimane. Lo spero, ma non lo prometto. Nel frattempo, un po´ rapito da Facebook, continuo a “coccolare” pure il mio piccolo Block Notes. Ogni tanto dateci una sbirciata. Link, copia e incolla, e battute flash le troverete sempre piú da quella parte, mentre qui ci si dedicherá maggiormente a qualche esercizio piú meditato e ragionato.

E ora? Il nulla

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comunicazione_veltroniDella storia recente del centrosinistra italiano apprezzo tre eventi.

A) Lo strumento delle primarie adottato quale formula di democrazia interna alla nomina dei candidati.

B) La nascita del Partito Democratico.

C) L´emarginazione dei cespugli comunisti e massimalisti.

Tutti questi momenti hanno visto come protagonista Walter Veltroni.

Da non elettore e non simpatizzante del centrosinistra assisto con qualche preoccupazione allo sviluppo degli eventi. Perché penso che chi verrá dopo di lui, chiunque esso sia, non saprá fare di meglio.  Perché l´unica persona in gamba in quell´area oggi si chiama Massimo D´Alema, cosí in gamba da non immaginarsi di mettersi alla guida di un partito destinato alla disintegrazione in neo-Ds e neo-Margherita.

A proposito di disintegrazione: purtroppo credo che la stessa fine la fará pure il prossimo Pdl. Vedete voi che botta di ottimismo…

I Weisswürst, buoni in tutta la Baviera

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Un paio di weisswürst ed una brezel: un classico dalla Baviera (foto faz.net)

Un paio di weisswürst ed una brezel: un classico dalla Baviera (foto faz.net)

Anche la Germania ha le sue specialitá gastronomiche. Al di lá dei luoghi comuni e del classico adagio mai buono come in Italia, ogni Land vanta le proprie delikatessen. In Baviera veri e propri portabandiera della locale cucina sono il brezel e i weisswürst. Questi ultimi rispecchiano la tradizione del Land meridionale della Germania al punto che i produttori hanno cercato di stringere al massimo la cosiddetta origine territoriale del prodotto, limitandola ai soli confini della cittá di Monaco, e non a caso denominandoli Münchner Weisswürst.

I macellai non residenti a Monaco, ma comunque operanti sul territorio regionale, si sono sentiti defraudati del titolo, tanto da opporre ricorso all´autoritá federale sui brevetti e marchi. Quest´ultima alla fin fine ha dato loro ragione, ribaltando di fatto una precedente sentenza emessa dai colleghi regionali della Baviera.

I Münchner Weisswürst, come alimento di alta qualitá, sono prodotti da diversi anni da aziende operanti sull´intero territorio bavarese, e devono quindi essere considerati come appartenenti al patrimonio di tutta la Baviera, e non della sola cittá di Monaco: questa la tesi del Bundespatentgericht a sostegno della nuova sentenza.

Sulla superioritá dell´elettore intelligente, chic & freak (democratico of course)

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elezioni_schedaDopo l´esito delle elezioni regionali in Sardegna di commenti da parte dei soliti intelligenti chic & freak ne ho giá sentiti a sufficienza. “Ma come si fa a votare per il centrodestra?”, “Con tutti i problemi che affliggono il Paese poi la gente continua a votare per Berlusconi”, “Ma come…???…”, “Ma perché…???…”, e via discorrendo.

Tutti che cadono dalle nuvole. Tutti che, molto facilmente, danno contro al popolo bue (o popolo pecorone, visto che ora parliamo dei sardi…). Mai un´autocritica, mai un tentativo di correggere il tiro, mai una discussione veramente aperta sul cercare un´alternativa a Berlusconi.

Io, dalla posizione di un centrodestra che non c´è – e che molto probabilmente in Italia mai ci sará, ma questo è un altro discorso – assisto con apprensione alla crisi del Partito Democratico e all´assenza di una vera sinistra progressista e socialdemocratica, perché senza una vera e rispettabile sinistra non vi sará mai un´altrettanto rispettabile destra. Ma di questo me ne preoccupo io e pochi altri. Per tutti gli altri l´importante è rimanere una spanna sopra gli altri, attuando quella terribile superioritá dell´elettore intelligente, e di logica conseguenza democratico doc. La parola d´ordine di questa classe elevata ed esclusiva? Dare sempre e soltanto contro all´avversario, anche quando questi si chiama popolo sovrano ed elettore.

Lattina: dopo il prosecco arriva anche il lambrusco

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Lattine di Lambrusco Red (foto Big Blog)

Lattine di Lambrusco Red (foto Big Blog)

La lattina è di alluminio, sinuosa nella forma (20 cl il suo contenuto) e accattivante nel suo colore rosso fuoco.

Da qualche tempo si trova negli scaffali della grande distribuzione tedesca, ma non è affiancata alle bibite gasate o ai succhi di frutta. Nossignori, la nostra nuova protagonista è accompagnata da bottiglie di amarone, chianti e sangiovese. Perché il suo contenuto è alcolico (8,5 %) e porta il nome di lambrusco.

E cosí, dopo il perlage del prosecco, i contenitori in alluminio sono arrivati a contenere pure il lambrusco, rinomato rosso emiliano, spesso ritenuto di serie B rispetto ad altre etichette, ma che all´estero continua a fare la fortuna della nostra tradizione enogastronomica, con tutti gli annessi e connessi. Perché, oltre a nomi prestigiosi del lambrusco, negli scaffali dei supermercati e in molti ristoranti d´oltralpe, purtroppo si puó trovare vino dalla qualitá e origine di dubbia provenienza, con fiaschi da un litro e mezzo in vendita al pubblico a poco piú di due euro.

Il lambusco in lattina non è una novitá, rispetto anche al tanto discusso prosecco in lattina. Walter Sacchetti, presidente delle Cantine riunite di Reggio Emilia ed ex senatore Pci, commercializzó con successo il lambrusco in lattina negli Stati Uniti: erano i lontani anni Ottanta. Poi ci pensó pure la Giacobazzi Grandi Vini di Modena.

Ora è il turno dei tedeschi, sempre pronti a “modellare” a proprio piacimento palato e marketing. Lambrusco Red, questo il nome della lattina, si trova in vendita al pubblico a circa 55 centesimi di euro per un quantitativo di 20 cl di vino. Non vi è fatto alcun riferimento a Doc o Docg, preparazione e distribuzione effettuata tutta in Germania da una ditta locale. Tutto ció non vi fa “puzzare l´alito”?

Elezioni in Sardegna

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Domani si vota in Sardegna.

10 febbraio

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ricordo

ESODO
… e dopo semo andadi via.
Foje
in un réfolo
de bora.
In valisa quatro straze
e, dentro de noi
quel gran mal star
che ne gà tegnudo
sempre
compagnia.
(dal libro Refoli de bora di Grazia Maria Giassi, esule istriana)

Stato terminale

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Crossposting da Block Notes

Che Paese è quello dove i principali telegiornali aprono le proprie edizioni con notizie riguardanti stupri, oppure orribili fatti di cronaca nera? Che Paese è quello dove politici di ogni appartenenza rincorrono disgrazie personali, oppure diffusi disagi sociali, per alimentare dibattiti, liti, dichiarazioni, promesse, illazioni, insulti – insomma – il proprio tornaconto elettorale?

È senza dubbio un Paese dal fiato corto, affetto da asma bronchiale cronica. Un Paese dove tutti, politici, imprenditori, forze sociali, non riescono a sviluppare azioni e politiche in grado di essere autonome e indipendenti dalla stretta attualitá, dall´incombenza di emergenze e stati di allarme. Un Paese dove Parlamento e Governo non riescono mai a prevenire, né tantomeno a curare i mali che viviamo quotidianamente. Solo pezze, trucchi, artefizi, ghirigori. All´asma bronchiale aggiungiamo quindi miopia.

Ma questo rimane pure il Paese dove si stimolano sempre piú i pruriti delle pance piú sviluppate, e dove rimangono inascoltati i bisogni di chi non ha piú neppure una cinghia da stringere. Quindi disturbi alimentari quali obesitá e inedia, con l´aggiunta di una conclamata sorditá.

È uno Stato terminale, il nostro.

Fermi agli anni di piombo? Magari: siamo ancora fermi alla Resistenza

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italiaIn fondo in fondo la sua ragione Tarso Genro, ministro della Giustizia brasiliano, ce l´ha. Parlando del caso Cesare Battisti, l´autorevole esponente del governo sudamericano afferma che noi italiani siamo fermi a trent’ anni fa, «bloccati negli anni di piombo, con una ferita non ancora cicatrizzata». Una dichiarazione espressa nel tentativo di avvalorare la decisione dell´esecutivo brasiliano di negare l´estradizione dell´esponente dei Proletari Armati per il Comunismo, condannato con sentenza definitiva all´ergastolo per quattro omicidi commessi tra il 1977 e il 1979.

annidipiomboParole che possono sembrare quasi banali per quanti ancora aspettano la veritá sui piú diversi casi oscuri della nostra Repubblica. Parole offensive per i congiunti, i familiari, i conoscenti delle persone morte a causa dell´odio, della cecitá ideologica, del terrorismo di ogni colore, ordine e grado. È vero, una “ferita non ancora cicatrizzata” per tutti noi, comuni, onesti ed orgogliosi cittadini italiani che ancora oggi aspettiamo una risposta su piazza Fontana, sulla stazione di Bologna, su Ustica, su Argo 16 e sui tantissimi casi di cronaca che hanno scandito la nostra vita dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta.

E risulta difficile raccontare la veritá di questi avvenimenti, se ancora non riusciamo ad analizzare con la dovuta luciditá gli eventi della Resistenza. Se i geni che hanno portato alla nascita delle nostre attuali istituzioni non saranno del tutto esplicati e chiariti, ritengo arduo portare a compimento quell´azione di “cicatrizzazione” degli anni del terrorismo.

Non c´è bisogno di invocare revisionismi: fare giustizia – dal piú piccolo caso di cronaca nera al piú importante affaire di Stato – rientra nelle basilari regole di qualsiasi democrazia, e nulla ha a che spartire con una presunta “vendetta”.

Per questo Cesare Battisti farebbe bene a rientrare in Italia, dove – se

Cesare Battisti

Cesare Battisti

effettivamente ritiene di essere innocente per i fatti a lui addebitati – avrá tutto il modo di far valere le sue ragioni. Chi fugge dalle proprie responsabilitá, chi scappa, chi non risponde delle azioni o dei pensieri espressi, passa automaticamente dalla parte del torto.

I quotidiani italiani all´estero: Corriere e Repubblica su tutti

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quotidianiDiscutere di carta stampata, in tempi di Internet e blog, sembra cosa per pochi eletti. Quando si parla di diffusione dei giornali all´estero, l´argomento puó rasentare il ridicolo. Tra edizioni on line, tempo reale, abbonamenti a edizioni in pdf, la ricerca di un giornale fatto di carta e inchiostro sembra cosa dell´antichitá.

Ma é chiaro che la comunitá italiana all´estero é costituita anche da persone anziane, o che comunque hanno poca dimistichezza con la Rete. Ecco che la ricerca di qualche testata tricolore diffusa all´estero puó essere interessante per questo mercato. Mercato comunque piccolo, di fronte all´estensione dei cinque continenti dove avviene la diffusione dei quotidiani italiani.

I dati in questione sono quelli denunciati dagli stessi editori attraverso la Ads, rintracciabili attraverso Prima Comunicazione: sono relativi al mese di ottobre 2008 e alla diffusione dei giornali, che nulla ha quindi a che vedere con il numero di copie effettivamente vendute.

I due principali quotidiani, Corriere della Sera e la Repubblica, mantengono le posizioni dominanti anche al di fuori dei confini nazionali: rappresentano i due piú importanti gruppi editoriali, e hanno di conseguenza la maggiore possibilitá economica di sostenere una diffusione in Europa e nel mondo, con edizioni teletrasmesse in altri centri tipografici. Il Corriere diffonde 43.456 copie, mentre Repubblica si attesta su 34.951. In terza posizione la Gazzetta dello Sport, vera e propria ambasciatrice del calcio nazionale nel mondo: 34.552 copie nel giorno medio, che salgono a 37.909 per l´edizione del lunedí. Per le altre testate si parla decisamente di bruscolini. Il Sole 24 Ore diffonde nel mondo 3.415 copie; 1.531 copie per il Giornale, e 807 copie per il torinese La Stampa. Libero, quotidiano diretto da Vittorio Feltri, riesce a diffondere fuori Italia 509 copie, mentre il Messaggero si attesta invece su appena 442 giornali diffusi.

Appena sopra il migliaio di copie per gli altri due quotidiani sportivi: Corriere dello Sport dichiara 1.110 copie (1.376 per il numero del lunedí), mentre Tuttosport diffonde 1.079 copie (1.255 per l´edizione del lunedí).

Alcuni quotidiani locali sfruttano la loro posizione di confine per aumentare tiratura e diffusione. É il caso de il Piccolo, quotidiano di Trieste che, tra Slovenia e Croazia, riesce a far giungere nelle edicole straniere 2.206 copie.

Ma Tradizione non fa (sempre) rima con Negazione

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Crossposting tratto da Block Notes

Il negazionismo del genocidio degli ebrei non puó essere direttamente collegato ai controriformisti o ai seguaci di Monsignor Lefebvre. Il semplice fatto che uno sciagurato vescovo neghi l´esistenza delle camere a gas utilizzate dai nazisti contro gli ebrei, o che le stesse – stando al responsabile per il Nordest della confraternita di San Pio X – siano state utilizzate “per disinfettare”, non possono accomunare gli scismatici dal Concilio Vaticano II con disgustose teorie naziste o antisemite.

Tanto piú che sarebbero addirittura dodici italiani su cento ad avere sentimenti antisemiti, e non credo questi siano tutti seguaci della Messa Tridentina.

Certo è che, nel momento in cui Papa Benedetto XVI ha tolto la scomunica ai quattro vescovi seguaci di Lefebvre, certi rappresentanti ecclesiastici farebbero bene a tacere su simili argomenti. E non solo in questo momento, e non soltanto questi personaggi.

Schiaffo alla crisi, apre il nuovo Porsche Museum

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In effetti la data era prevista da diversi mesi, quando di vacche magre se ne vedevano ancora poche. Ma l´inaugurazione del nuovo museo della Porsche in questo momento ha tutto il fascino del voler dare uno schiaffo bell´e buono all´imperante crisi del settore automobilistico.  Vuoi per il desiderio di rimboccarsi le maniche e cercare una via di fuga da questa tremenda fase negativa che investe i mercati globali (e che per la Germania costituisce un vero e proprio colpo al cuore, caratterizzato proprio dal settore delle quattro ruote), vuoi per la stessa allure che, da oltre sessant´anni, riveste la prestigiosa casa automobilistica di Zuffenhausen, Stoccarda, nell´immaginario collettivo.

Centro milioni di euro investiti in un´opera che si espande su 5.600 metri quadrati di superficie, e pesante 35 mila tonnellate. E ancora, circa 550 giornalisti, la metá dei quali provenienti dall´estero, accreditati per la conferenza stampa di inaugurazione dell´esposizione storica della Porsche. Un museo che giunge dopo quelli di Volkswagen, Mercedes- Benz e Bmw, ma che di certo non resterá nelle retrovie per numero di visitatori, visto appunto il fascino che da sempre questa casa automobilistica offre al suo pubblico.

L´inaugurazione é per sabato 31 gennaio, alle ore 9.00, qui il link al sito ufficiale.

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